Città della Speranza a Innovabiomed: la stampa 3D a supporto dell’ernia diaframmatica congenita

Un inchiostro biologico da miscelare alle cellule per la stampa 3D di un costrutto che, una volta fatto maturare, assomigli il più possibile al diaframma originale e permetta di curare l’ernia diaframmatica congenita. È questo l’ambizioso progetto che Fondazione Città della Speranza propone alla seconda edizione di Innovabiomed. A presentarlo a Innovabiomed il 27 ottobre alle 14 in Sala Argento sarà la dott.ssa Martina Piccoli, responsabile del Laboratorio di Ingegneria Tissutale dell’Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza.

L’ernia diaframmatica congenita è una malformazione dovuta ad un difetto del diaframma, il muscolo che ci consente di respirare. Colpisce un neonato ogni 2.500 e si caratterizza per la formazione di un “buco” dal quale gli organi addominali riescono a risalire fino alla cavità toracica, andando ad occupare lo spazio dei polmoni. “Nonostante l’avanzamento delle tecniche per il suo trattamento, la principale soluzione per riparare questo buco continua a rimanere un cerotto di materia plastica che, però, ha lo svantaggio di essere rigido e di non adattarsi con la crescita del neonato. Ciò comporta degli strappi e, quindi, la necessità di sottoporre il paziente a continui interventi chirurgici”, spiega la dott.ssa Piccoli.

Ecco che un valido aiuto potrebbe arrivare dall’applicazione dell’ingegneria tissutale. “Ciò che intendiamo fare è ricorrere a del materiale di tipo biologico, unendo le cellule staminali del paziente a una matrice extracellulare decellularizzata. Tradotto: puliamo dalle cellule l’impalcatura degli organi donatori che, unita alle cellule staminali, servirà a ricreare il diaframma e la ‘toppa’ che permetterà di riparare il difetto con un solo intervento chirurgico”.

Nonostante gli importanti risultati ottenuti in laboratorio, questo approccio richiede tempi lunghi di preparazione, dipende dalla donazione di organi e non può essere utilizzato per una produzione su larga scala. Non è quindi semplice pensare alla fabbricazione di un prodotto standardizzato e identico per tutti i pazienti.

“Con questo progetto ci proponiamo di sviluppare, a partire dalla matrice extracellulare decellularizzata, un inchiostro biologico da miscelare alle cellule che compongono il tessuto in condizioni fisiologiche. Questo bio-inchiostro sarà utilizzato per la stampa 3D di un costrutto che poi verrà coltivato e fatto maturare all’interno di un bioreattore appositamente costruito. In tal modo si potrà ottenere un diaframma il più possibile somigliante a quello originale – conclude la ricercatrice –. Creando un biomateriale specifico e sempre identico per il diaframma, si potrà giungere alla sua produzione su larga scala e puntare così ad una medicina rigenerativa innovativa sempre più personalizzata”.

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