Enpam investe in Principia III, il maxifondo per il biomedicale

Primo giro di finanziamenti chiuso a 160 milioni di euro, per il 94% dalla cassa di medici e dentisti. Obiettivo: 4-500 milioni per finanziare startup e pmi in ambito life science

Al primo giro di finanziamenti del fondo Principia III, che ha chiuso a quota 160 milioni di euro, ha partecipato anche Enpam, la Cassa previdenziale di medici e dentisti, con la quasi totalità della cifra: 150 milioni. Una notizia, visto che quell’ente non aveva mai scommesso su private equity e venture capital. Gli altri 10 ce li ha messi la Cassa dei commercialisti.

È questa la dotazione con cui il nuovo fondo Principia III-Health, dedicato agli investimenti in ambito biomedicale e life science, muove alla volta dell’obiettivo finale: raccogliere 4-500 milioni di euro, una cifra pachidermica per il mercato italiano. Anche considerando che i pochi fondi dedicati al settore dispongono di cifre intorno ai 50-60 milioni di euro.

Molte saranno dunque le iniziative che potranno tentare di convincere il management. L’obiettivo è “supportare lo sviluppo delle professionalità del settore in Italia e nello stesso tempo fornire risorse finanziarie per progetti imprenditoriali e contribuire a creare valore per gli investitori”. Ecco perché diversi osservatori si sono domandati l’opportunità di un investimento così massiccio di Enpam, che deve appunto guardare soprattutto al rendimento per i suoi assistiti.

Fra gli obiettivi del nuovo fondo di Principia sgr, guidata dalla scorsa estate da Antonio Falcone, ex Kairos ed ex responsabile degli investimenti di Inarcassa (secondo alcuni osservatori anche l’ente previdenziale di ingegneri e architetti potrebbe essere della partita), startup e piccole-medie imprese con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro ma con “naturale vocazione all’esportazione”.

In particolare, l’idea è quella di distribuire le risorse al 25% verso iniziative nuove di zecca e al 75% puntando alla crescita di imprese già avviate. A sua volta quel 25% finirà al 10% in startup tecnomedicali e il 15% all’ambito biofarmaceutico mentre il 75% sarà rispettivamente diviso fra 30 e 45%. Vaccini, farmaci, diagnostica: le specializzazioni a cui punta Principia III sono ovviamente quelle di maggior interesse.

Ma cosa giustifica tutta questa fiducia nell’ambito life science italiano? Per il fondo, il nostro Paese è il terzo dopo Germania e Francia e lo spettro di attività compre ogni specializzazione, dalle nanotecnologie all’agroalimentare. Mentre, in termini di mercato, siamo il quinto internazionale per vendite fra ospedali e farmacie.

Un settore che impiega 70mila addetti, 200mila se si considera l’indotto, e in cui si investono 1,2 miliardi di euro l’anno, ma nel quale c’è ancora spazio per investimenti di venture capital. Anzi, un tremendo bisogno visto che per quella fetta siamo fermi poco sopra i 170 milioni di euro. In Gran Bretagna i fondi d’investimento di questo tipo ne portano 730.